CANONE IMPERFETTO


Un canone all’unisono è costituito da almeno due voci che eseguono la stessa melodia ad intervalli regolari di tempo. Così, mentre la prima voce prosegue, la seconda espone nuovamente il tema, con un processo di imitazione continua che può andare avanti anche fino alla fine del brano.
La tecnica dodecafonica clicca per sapere di più sulla tecnica dodecafonica, prevedendo la ripetizione continua di una serie clicca per sapere di più sulle serie dodecafoniche e delle sue varianti, si presta molto ad essere utilizzata in questa forma compositiva. Nel “Canone imperfetto”, utilizzando talvolta serie a cavallo delle due voci (come se la melodia fosse formata, per esempio, da cinque note del flauto, da quella successiva del violino e dalle sei rimanenti del flauto), ho introdotto nel procedimento imitativo tra flauto e violino delle piccole “imperfezioni” che rendono leggermente diverse le loro melodie. Addirittura, verso la fine della composizione, quasi come se si trattasse di una fuga, si può notare un vero e proprio stretto, con entrate sempre più ravvicinate (situazione abbastanza improbabile per un canone, dove lo sfasamento temporale tra le voci non dovrebbe cambiare).
Da notare che la dodecafonia è stata utilizzata storicamente soprattutto per inventare nuove armonie, molto dissonanti clicca per sapere di più su consonanze e dissonanze e lontane dalla tonalità classica clicca per sapere di più sulla tonalità. Qui la stessa tecnica (con qualche licenza) viene utilizzata per ottenere una “dodecafonia tonale”, dove le consonanze vengono privilegiate e le dissonanze, anche quando sono più aspre, appaiono come note di passaggio. Inoltre, non solo l’inizio del brano sembra quasi in do minore e la fine, ancora più chiaramente, in do maggiore, ma un po’ in tutto il brano si sente l’eco, più o meno evidente, di varie tonalità clicca per sapere di più sulla tonalità.
L’occasione che mi ha spinto a comporre questo brano è abbastanza banale (membro esterno all’esame di maturità, cui partecipai controvoglia, malpagato e in una commissione disgraziata dove il lavoro era il doppio rispetto alle altre; come se non bastasse con la sensazione, talvolta, dell’inutilità di ciò che facevo). Si può notare, soprattutto nelle battute 54 e seguenti, il senso di angoscia e di insofferenza che ognuno di noi prova quando non vede un significato in ciò che sta facendo.
Ho voluto dare un significato ideologico a questa composizione (vedi commento nell’home page): le piccole differenze tra la melodia del flauto e quella del violino, che rendono “imperfetto” il canone, sono un po’ come quelle tra i caratteri, le abitudini, i modi di vivere di due amici o, ancora di più, di due innamorati: non occorre eliminarle perché ci sia una vera armonia, purché ognuna delle due parti riesca a percepirle come arricchimento di sé. Da questo punto di vista, l’imperfezione del canone ricorda, nella vita, quella perfezione cui è così difficile avvicinarsi (soprattutto perché non può essere semplicemente il risultato della nostra buona volontà).

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(lo spartito è disponibile in formato MUS per Finale 2003 e pdf per Acrobat Reader)

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flauto Luigi Gori
violino Giulia Gori


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