VARIAZIONI SU UN TEMA DI GINO PALUMBO

A volte gli estremi si toccano; e infatti la distanza tra il paradiso e l’inferno può essere più piccola di quanto ci si potrebbe aspettare. Quanto più grande è la speranza che ci ha mossi, tanto maggiore può essere la successiva disillusione.
Il “Valzer Triste” composto dal mio amico Gino Palumbo esprime bene la nostalgia successiva ad una delusione amorosa. Un sentimento che, sia pur intriso di dolore per qualcosa che non c’è più (o che non si crede più possa avvenire) è, in una certa misura, anche dolce e avvincente, nella misura in cui è pieno del ricordo di qualcosa di bello che è (stato) in grado di suscitare in noi una speranza tradita (cioè non realizzata), ma non rinnegata. Sarebbe stato bello se il sogno si fosse avverato.
Tutto il contrario del nichilismo, ovvero della negazione radicale della speranza, della disperazione di chi non riesce neanche a provare nostalgia, ma cerca con violenza di liberarsi dal desiderio della felicità che si incarnava in quello per la persona amata. Così non solo la risposta, ma persino la domanda viene misconosciuta.
In seguito ad una delusione sentimentale che, insieme a diversi altri fattori, ha avuto per me, all’epoca, un effetto dirompente, portandomi a dubitare dei valori (in primo luogo, quelli religiosi) su cui avevo fino allora basato la mia esistenza, sentii l’esigenza di “distruggere” il tema del Valzer Triste, e con esso la speranza che contiene, come se avessi dovuto svelare l’“inganno” del brano: la promessa, per quanto non realizzata, della felicità.
Anche il tema risente, certo solo ideologicamente e non come effetto sonoro, di questa impostazione: trascritto per due pianoforti, è arricchito da una seconda voce e con l’armonia leggermente modificata. Persino i mordenti sono in anticipo o in ritardo rispetto alla loro posizione originale. Nel finale (assente nella composizione di Gino) il ritmo, da 3/4, diventa di fatto 5/8, introducendo alla prima variazione. Anche l’accordo clicca per sapere di più sugli accordi di chiusura, privo della terza, prepara i successivi accordi di quarte clicca per sapere di più sugli accordi di quarte. In un certo senso lo stesso tema è già quasi una variazione, come se ci si trovasse davanti a variazioni su un tema... che non c’è!
Nella prima variazione (la più dura, dove si percepisce la totale distruzione di qualunque sentimento nostalgico) al tema, armonizzato per quarte, è sovrapposta una melodia incisiva e ritmicamente imprevedibile, quasi sempre in 3/4, basata su una scala di 6 note (quelle della scala di si minore naturale clicca per sapere di più sulle scale musicali, con l’eccezione del sol). L’accompagnamento in 5/8 è formato da arpeggi basati su accordi di quarte clicca per sapere di più sugli accordi di quarte con una nota estranea: il tutto in una diversa tonalità rispetto alle melodie, quasi a riecheggiare il suono un po’ ridicolo di una vecchia pianola scordata con un rullo ormai consumato. A tutto questo si sovrappone, a tratti, nella regione più grave del pianoforte, la mano sinistra del primo pianoforte con un ruolo quasi esclusivamente percussivo. Come accade quando un disco graffiato fa saltare la puntina del giradischi (o, se si preferisce, il laser che legge un CD), qualche frammento della melodia viene ripetuto o saltato; gradualmente anche l’accompagnamento in 5/8 perde colpi. Verso la fine la melodia si trasforma in una versione un po’ alla Hindemith del tema; quindi, una alla volta, tutte le parti tacciono, quasi come se il brano “evaporasse”.
La seconda variazione è basata su quattro ripetizioni di una versione del tema ridotto all’essenziale, avendo conservato solo le note più rilevanti. Sparisce del tutto, improvvisamente, ogni durezza, anche se il carattere, un po’ da piano bar, ha un po’ perso la nobiltà dell’originale. Ben presto tuttavia le dissonanze riprendono il sopravvento, anche se con meno violenza, con vari richiami alla variazione precedente.
La terza variazione è una fuga dodecafonica, e il tema originale è ormai lontano (la serie utilizzata è formata dalle 12 note nell’ordine con cui compaiono per la prima volta nel tema o, se non presenti nel tema, nell’accompagnamento). La tecnica dodecafonica clicca per sapere di piĆ¹ sulla tecnica dodecafonica è usata in modo quasi tonale (un po’ come nel Canone imperfetto), ovvero per produrre allusioni ad armonie tonali, anziché sonorità nuove, e con molte licenze. È curioso notare come lo stretto finale, dove le voci entrano esponendo il tema in modo più ravvicinato, anziché costituire il momento di maggior tensione del brano, diventi solo l’occasione per far evaporare, ad una ad una, le 4 voci, terminando ancora una volta nel nulla la variazione.
Sulla quarta variazione devo ancora lavorare.



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SPARTITO - tema e 3 variazioni (mscz - 67 K) SPARTITO - tema e 3 variazioni (pdf - 346 K)
MIDI - Tema trascritto (7 K)
MIDI - 1ª variazione (8 K)
MIDI - 2ª variazione (6 K)
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MIDI - 4ª variazione (in lavorazione)
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