BIOGRAFIA DI LORENZO VIVIANI

(gentilmente fornitami dal Maestro Lillo Di Cesare)



Nacque a Menfi il 21/12/1879. Sposò Marietta Barrile il 19/12/1908 e da essa ebbe cinque figli: Ludovico, Lorenzo, Renato, Ettore e Chiara.
Da giovanetto entrò nel Seminario Vescovile di Girgenti per essere ordinato Sacerdote; fu uno dei migliori seminaristi, essendosi distinto sia nello studio che nella musica. In occasione della visita di un Cardinale inviato da Roma, nel seminario si riunirono tutti i Sacerdoti della Diocesi; alla manifestazione parteciparono tutti i seminaristi ed una folta rappresentanza della nobiltà agrigentina. Il Cardinale tenne una conferenza, alla presenza del clero, durante la quale elogiò l’operato dei ricchi e dei nobili locali, provocando nel seminarista Lorenzo Viviani un tale disappunto da farlo intervenire direttamente: “Eminenza, mi meraviglia come lo abbiano eletto Cardinale! Lei non conosce il Vangelo; gli amici del Signore erano i poveri, gli umili, i derelitti. Egli medesimo nacque in una grotta; le sue parole, sono certo, non sono state gradite ai presenti, ma nessuno osa contraddirla per rispetto alla carica che ricopre; io posso, perché sono protetto dallo Spirito Santo”, e così concluse: “Vuol dire che non potrò essere Sacerdote, perché da questo momento mi dimetto per non essere perseguitato come nostro Signore Gesù Cristo”.
Ultimati brillantemente gli studi liceali, si iscrisse all’Università di Palermo in legge laureandosi a pieni voti e lode. Intraprese quindi la carriera di Commissario di P.S., arrivando al grado di vice Questore. Operò in Sicilia a fianco del “Prefetto di ferro” Cesare Mori per combattere la mafia. Uomo di grande coraggio e fortemente attaccato alla sua terra, contestò violentemente il capo della polizia Prefetto Arturo Bocchini che, venuto nell’isola per riunire tutti i prefetti delegati, commissari e questori delle quattro province Agrigento, Trapani, Caltanissetta, Palermo, manifestò nei confronti della Sicilia e dei siciliani, e soprattutto della povera gente di campagna, arroganza e disprezzo, erroneamente convinto che la mafia si annidasse proprio in essa e che quindi, contro essa, bisognasse agire duramente. In quell’occasione Viviani così si espresse: “La Sicilia è la più bella regione d’Italia, i siciliani sono la perla dei galantuomini; la mafia è infiltrata nelle persone di alto rango, bisogna quindi lasciare in pace la povera gente; il prefetto sicuramente non conosce né la Sicilia né i siciliani, non sa chi siano i veri mafiosi e sconosce il Vangelo”. Offeso ed indispettito, Bocchini rispose: “Avete fatto male a contraddirmi, voi non sarete mai più Questore”.
“Non fui un sacerdote, tantomeno desidero essere un questore alle condizioni da voi imposte”. Così, con queste parole il Viviani diede una ulteriore prova di onestà intellettuale e correttezza morale. Spesso Cesare Mori e la consorte Lina si recavano a Menfi dal loro amico Lorenzo Viviani.
Durante il servizio di polizia dovette affrontare spesso situazioni difficili. Si racconta che un suo articolo giornalistico, nel quale denunciava metodi e soprusi della polizia fascista, non ancora pubblicato, fosse finito nelle mani del Questore. Denunciato al Consiglio di disciplina, fu, dal prefetto, minacciato di licenziamento. Il commissario Viviani si difese energicamente dalle false accuse, pur confermando i metodi brutali della polizia fascista. Il suo atteggiamento indomito irritò il prefetto: “Anziché pentirvi per quello che avete fatto, osate rincalcare la dose”. Imperterrito il Viviani rispose: “Non ho paura di dire la verità; se non credete alle parole, crederete almeno ai fatti”. Si tolse la camicia e, rimanendo a dorso nudo, mostrò le ferite riportate nei vari conflitti. Di fronte a tale realtà, il Presidente non solo rigettò l’accusa, ma elogiò il commissario Viviani per la sua abilità professionale e per il coraggio dimostrato durante l’espletamento del servizio.
Uomo dai molteplici interessi, il Viviani curò anche l’arte della musica: amava suonare nelle chiese, soprattutto nella Chiesa Madre di Menfi, e scriveva composizioni musicali a tutt’oggi ritenute di notevole pregio. Dotato di grande vena melodica, compose stupende arie liriche, ed ebbe anche la capacità di scoprire in Menfi voci di rilievo; formò e guidò un coro vocale da cui emersero vari talenti, da lui stesso curati gratuitamente; tra questi ricordiamo il giovane Piero Mistretta, brillante tenore, ed il giovane Maestro Lillo Di Cesare, professore al Conservatorio Musicale di Palermo e collaboratore al piano al Teatro Massimo.
Le liriche più belle del Viviani sono state eseguite dal tenore Piero Mistretta nei vari concerti da lui tenuti in alcuni paesi europei e registrati anche dalla radio olandese. Le composizioni più rappresentative sono:
- L’Ave Maria
- Pippinedda
- Serenata d’amore
- Ritornello e marichiare
- Nica mia.
Amò e compose anche brani di musica sacra: ricordiamo “Vanitas”, interpretata dal basso Paolo Silveri. Ancora a lui si debbono ulteriori opere dedicate:
- Alle LL.AA. reali principesse Mafalda e Giovanna di Savoia
- Al capo di governo Benito Mussolini
- Al prefetto Cesare Mori e alla consorte Lina.
Morì in Menfi il 24/12/1961.
In memoria del Viviani, il 27 aprile 1990, alla presenza del Sindaco Ing. Saverio Vetrano, dell’Assessore ai Beni Culturali Cav. Lorenzo Di Giovanna e di una folta rappresentanza del popolo menfitano, il tenore Piero Mistretta ha presentato un disco, da lui recentemente inciso, dedicato alle composizioni più belle del Maestro.


Elenco delle composizioni disponibili



Torna all’home page La musica di Marco Motta